Per fermare GameStop ci vuole la Consob

Pubblicato il: 31/01/21 3:16 PM

E’ il mercato, bellezza

La differenza fra il trading e il gioco d’azzardo dovrebbe essere nella sistematicità scientifica del primo, contro l’aleatorietà e la casualità del secondo.

Se compri un biglietto della lotteria, fai un piccolo azzardo. Punti a vincere una somma consistente con una probabilità vicina allo zero.

Alla roulette puoi provare a giocare con qualche modello sistematico, ma di sicuro avrai le probabilità contro e solo la fortuna potrà aiutarti a vincere.

Il caso GameStop, piuttosto che AMC (di cui si parla meno, ma è altrettanto interessante), è un giocare alla roulette, puntare su un numero, con un sistema che in apparenza può funzionare, ma che alla fine mi darà le probabilità contro.

Non è quindi fare trading, piuttosto è giocare alla lotteria o alla roulette.

Il sistema, in questo caso, è basato sulla massa che investe sul titolo. Massa di retail organizzata, che tutta insieme diventa un elefante, come un istituzionale. Anzi, è una massa di retail che sogna di poter fare come fa l’istituzionale.

Sogna di avere il potere della grande Banca, di poter muovere il mercato, di poter manipolare i prezzi. C’è un sogno incredibile dietro tutto questo. Il sogno di avere potere e da quel potere di fare soldi.

Il sogno ha travolto tutti, creando un fenomeno generato sulla falsa riga dei Robinhooder, che, in confronto, sono dei professional di serie A.

È un sogno talmente grande, così inimmaginabile che ha fatto cadere in trappola molti, troppi professional veri.

Che hanno cominciato a vendere call sul titolo, ovviamente scoperte, perché intanto, dove vuoi che arrivi. E quando il prezzo continuava a salire, corri a coprirti, genio di un trader istituzionale, corri e corri e acquista il titolo per poterti coprire e consegnarlo a chi quelle call le ha comprate. Così acquistandolo, lo fai andare alle stelle ancora di più.

E i gestori degli Hedge Fund? Corri a shortare il titolo che intanto torna indietro, non ha fondamentali, come se l’intero listino Nasdaq li avesse, vendi, vendi allo scoperto … e corri a coprirti, che così il prezzo sale ancora di più: come fare l’esatto contrario di quello che si voleva.

Poi, sulla vetta sono arrivati i grandi azionisti. Uno, coreano, ha cominciato a vendere, non a shortare, proprio a vendere, perché lui i titoli li aveva sul serio. E vendi, dai, che questi sono matti, deve avere detto … e i conti definitivi non li ho ancora, ma qualche centinaio di milioni di dollari li ha fatti sicuro.

Solo che il titolo è crollato giù. C’era un grande azionista che vendeva con i titoli veri in mano. E che vuoi fare. Lui il biglietto della lotteria vincente ce l’aveva per davvero e glielo aveva messo in mano la massa dei retail che aveva creduto al sogno.

Il caso GameStop dovrebbe essere messo in mano alla Consob: prima che capiscano che cosa è accaduto, potrebbero impiegare anche due anni. Ma nel frattempo inventerebbero un modulo da compilare e un registro a cui iscriversi per poter fare trading su GameStop. A tutela del risparmiatore, ovviamente. E, sempre ovviamente, sarebbe tutto online, ma fra il sito che non funziona, la difficoltà a capire le istruzioni per usarlo, l’attesa delle interpretazioni su come usarlo, GameStop si sgonfierebbe da sola. La Consob ci vuole.

Caro lettore, è il 2021. 100 anni ci fu la bolla della radio negli Stati Uniti. Oggi quella di GameStop, di AMC, di Tesla e di tanti altri. La fine della bolla? Nessuno sa quando, ma certamente sappiamo come.

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P.S.: Sulla Consob, era pura ironia. Non intendo offendere nessuno. Il paradosso serve a capire che i mercati sono il luogo dove si inventa tutto ciò che è possibile per fare denaro dal denaro. E nessuna Consob, Sec, Esma o chiunque altro può prevedere che, un giorno, poteva esserci il caso GameStop, dove, stavolta, con le ossa rotte, non sono usciti solo un po’ di retail, ma tanti professional. È il mercato, bellezza. Stavolta è toccato anche a loro, per questo le autorità si stanno preoccupando. O non importerebbe proprio nulla a nessuno se a perdere fossero stati solo i retail. È il mercato, direbbero. Noi invece, ci aggiungiamo “bellezza”.

Si dice che la prossima sarà Nokia. E dai movimenti che ha fatto in questa settimana, non mi meraviglierei.

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Maurizio Monti
Editore
Istituto Svizzero della Borsa