La deplorevole magia delle parole difficili.
ERP, in finanza, è l’acronimo di Equity Risk Premium.
E’ la misura del differenziale degli utili delle aziende quotate rispetto al rendimento del Treasury a 10 anni degli Stati Uniti.
Il suo nome evidenzia, appunto, il premio al rischio che ottieni, detenendo azioni rispetto ad avere un asset considerato molto sicuro (o addirittura praticamente, ma non teoricamente, privo di rischio quale è il Treasury americano).
Quando i tassi di interesse erano vicini allo zero, negli ambienti della finanza americana si parlava di TINA: There Is No Alternative, non c’è alternativa, i rendimenti delle obbligazioni erano nei pressi dello zero, quindi le azioni erano l’unica alternativa possibile per ottenere rendimenti ragionevoli.
A valutare il rendimento assoluto attuale del Treasury decennale, che è ora intorno al 4%, la situazione sembrerebbe cambiata a favore di quest’ultimo: perché rischiare con le azioni quando si può ottenere il 4% “senza rischio”?
In realtà è l’ERP, cioè il premio al rischio delle azioni, che governa questo tipo di valutazioni. Ovvero quale differenziale ancora esiste fra il rendimento delle azioni e quello dei Treasury.
Per risalire ad un rendimento consimile del Treasury decennale bisogna andare indietro di 15 anni: e comunque esso è considerato al limite della sostenibilità.
Il rendimento sugli utili delle imprese quotate è l’inverso del rapporto prezzo/utili che siamo abituati a vedere. Quindi un rapporto prezzo/utili di 20, significa che avrò un rendimento di 5: infatti, se una azione costa 100 dollari, e rende 5 dollari di utile, ha un rapporto prezzo/utili di 100/5 = 20.
Alla fine del 2019 il rapporto prezzo/utili sull’S&P500 era 18.5, cioè un rendimento del 5.4%. I Treasury decennali rendevano l’1.7%: quindi un ERP di 5,4-1.7 = 3.4% , che era l’extra rendimento che premiava il rischio di detenere azioni.
In questo momento, l’S&P500 ha un prezzo/utili di 17.5, cioè il rendimento degli utili è il 5.7%, leggermente migliore del rendimento pre-pandemia. Ma i Treasury rendono il 4% , e quindi l’ERP è sceso a 1.7. Il premio al rischio per detenere azioni si è ridotto del 50%.
Nondimeno è ancora positivo e il Treasury decennale è su un livello critico molto significativo. Il premio al rischio, l’ERP appunto, fu così basso nel giugno del 2007, dove toccò il minimo dell’1.6%.
Nei dieci anni successivi, le obbligazioni hanno registrato un rendimento medio annualizzato del 4.5% contro il 7.2% dell’S&P500, nonostante il crollo del 2008-2009. Prendendo i successivi 15 anni il rendimento delle obbligazioni è stato del 3.3% contro l’8.5% dell’S&P500: malgrado i due crolli del 2008-2009 e del 2020.
Si attribuisce alle aziende la capacità di trasferire i costi crescenti dovuti all’inflazione sui prezzi ai clienti. E questo aiuta il rendimento sulle azioni a mantenersi alto, anche in periodi di elevata inflazione: avvenne anche durante gli anni settanta e ottanta.
Siamo quindi, sicuramente, ad un punto dove la forbice dell’ERP si è ristretta (pericolosamente ristretta, aggiungo). Ma non ha superato livelli storici anche molto difficili, e nell’analisi retrospettiva le azioni hanno premiato gli investitori anche nel periodo successivo a quello dove i valori dell’ERP sono stati simili a quelli attuali.
Il fattore critico di differenza che può destare preoccupazione è che negli anni successivi al 2007, il rimedio fu una liquidità massiccia con tassi che successivamente furono azzerati. Il contrario esatto di quello che sta avvenendo ora.
Ma, contrariamente alle attese, gli utili delle aziende restano alti, le statistiche sui fallimenti, sia pure in aumento, manifestano ancora valori sotto controllo. E per ora sembra resistere la propensione sull’azionario, da parte dei grandi istituzionali.
Siamo in bilico, forse lo intuivamo, la freddezza dei numeri ce lo manifesta. Ma su un bilico che forse può tenere, per ora.
Quindi, restiamo rialzisti dopo il ritracciamento in corso e dopo che l’S&P500 avrà trovato un minimo adeguato a marzo, per favorire una ripartenza fino a maggio.
E così, per chi non conosceva l’ERP, è stato anche una ottima occasione per capire come, alle volte, ragionano gli istituzionali …
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P.S.: Dietro quella che viene definita asset allocation, che significa su quali strumenti vuoi mettere i soldi, in realtà ci sono scelte basate su valutazioni come quelle che ti ho espresso sopra. L’ERP è uno strumento di misura di una possibile valutazione di asset allocation: cioè la frase magica usata dai guru per dire dove ti conviene di più investire.
La differenza, alle volte, sta nel mascherarsi dietro parole magiche, piuttosto che spiegare con parole comprensibili.
Insisto su questo: alcuni, che insegnano, forse guadagnano, ma non sono in grado di farsi comprendere.
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Maurizio Monti
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