La storia è in divenire

Pubblicato il: 6/03/22 12:57 AM

Quello che fanno le dittature, il nulla.


Sul fronte delle notizie economiche, il non farm payroll pubblicato venerdì scorso alle 14.30 ora europea ha mostrato dati superiori alle attese: 678.000 posti di lavoro creati e tasso di disoccupazione al 3.8%. Le previsioni erano per 440.000 e 3.9%.

Il dato inflattivo, l’aumento dei salari, mostra anch’esso un miglioramento rispetto alle stime e al periodo precedente.

Malgrado ciò, i mercati non sono riusciti a festeggiare.

Venerdì è stata una giornata drammatica per tutti gli indici europei, messi gelidamente di fronte allo scenario più nero nel fronteggiare le ricadute pesanti delle sanzioni inflitte alla Russia.

Anche gli americani non hanno brillato, ma le perdite sono state molto più contenute e sull’S&P500 un altro supporto di importanza strategica nell’area dei 4280 punti ha retto agli attacchi ribassisti.

Il punto, ovviamente, è la guerra brutale in Ucraina e i dettagli mediatici che ci arrivano in tutta la loro cruda evidenza.

Il sentiment dei mercati ne è fortemente condizionato: e, come ho espresso negli scritti dei giorni scorsi, il mercato aspetta solo un segnale positivo dal fronte bellico per tornare a stabilizzarsi, almeno nel breve termine.

Nella giornata di sabato, la sorpresa è stata il leader israeliano Bennett, che è volato a Mosca, ha parlato tre ore con Putin al Cremlino, ha chiamato Zelensky mentre era a Mosca, ed è andato poi in Germania. Mentre scrivo dovrebbe essere atterrato a Berlino.

Nelle ore in cui questo articolo verrà letto, probabilmente sapremo qualche novità.

Mi aspetto, lo ripeto ancora, che arrivi un temporaneo segnale distensivo che possa far bene ai mercati. Ho molti dubbi che tale distensione duri a lungo, ma sarebbe il grilletto di cui i mercati hanno bisogno e che, in definitiva, cercano.

Su foxbusiness.com, un interessante articolo del giornalista americano Larry Kudlow, sottolineava come i picchi dei prezzi del petrolio coincidano con azioni militari della Russia: nel 2008, con 150 dollari al barile, Putin la preso la Georgia, nel 2014 a 100 dollari al barile la Crimea. Ora, con il petrolio che ha toccato i 116 dollari ha invaso l’Ucraina.

Il petrolio a prezzi alti finanzia le guerre di Putin.

Una soluzione sarebbe se gli Stati Uniti attivassero a pieno regime i propri rubinetti di fornitura calmierando i prezzi del petrolio.

Ma le aziende di shale oil degli Stati Uniti, intendo quelle che non sono fallite, stanno riprendendo ossigeno dopo essere state sull’orlo del fallimento per lungo tempo, proprio grazie alla ripresa dei prezzi.

Tornando ai mercati azionari, se non riescono ad invertire ora, entro i prossimi giorni, e io credo lo faranno, le cose si mettono molto male: il pericolo di una crisi selvaggia è sicuramente molto forte.

Continuo a dire che le probabilità sono che non avvenga, ma sono probabilità.

Il contesto della crisi ucraina sta assumendo, peraltro, un tono particolare e inaspettato, credo per tutti gli attori in gioco.

Nella drammaticità e violenza della guerra, la reazione della popolazione ucraina e del suo presidente è stata sorprendente.

Se è vero, come riteniamo lo sia, che è stata mandata una squadra apposita per eliminarlo, significa che Putin stesso ha realizzato ciò che non si aspettava di vedere: l’identificazione del popolo ucraino nel suo leader.

Tale sentimento di identificazione ha contagiato tutti i paesi occidentali, in una grande alleanza collettiva di reazione alla guerra.

Qualunque sarà l’esito della guerra, Putin ha ottenuto un clamoroso effetto contrario, esattamente corrispondente alla sua intolleranza verso la democrazia: le democrazie si sono unite, invece che dividersi e sul palcoscenico ucraino l’effetto finale è di avere creato martiri ed eroi.

Martiri ed eroi che alimentano una leggenda: la leggenda che il più forte ha le armi, ma a vincere, alla fine, sono le idee, e quelle le armi non le possono sopprimere.

Abbiamo previsto in queste colonne, dalla fine del 2019, che l’ultimo quinquennio degli anni venti è il colpo di coda finale dell’epoca iniziata nel 2008, con un grande strapotere dei governi sui cittadini e delle banche centrali sui mercati finanziari.

E la nuova era, che comincia a delinearsi ora, è basata su una maggiore tendenza delle popolazioni alla moderazione, contro gli eccessi e gli estremismi. A superare le divisioni e ad unirsi.

La leggenda della vittoria delle idee, che la crisi ucraina sembra volerci ricordare, è la bandiera innalzata sulla prima linea di tale tendenza.

Zelensky è in un momento molto difficile della sua vita. Può uscire vivo o morto, sconfitto o vittorioso.

Ma sarà comunque una leggenda, un eroe o un martire e rappresenterà la leggenda della vittoria delle idee in un mondo destinato al cambiamento e a un nuovo ordine mondiale che vedrà sempre più isolate le dittature e respinte dal fronte delle democrazie, con l’arma delle democrazie: le idee.

Io sono per un capitalismo liberale che cresce all’interno del sistema delle democrazie. Non ci sono altre strade. Non possiamo dare soldi a chi minaccia il mondo paventando la guerra nucleare, avendo il potere per farlo.

Il giocatore di poker Putin, freddo e distaccato, non poteva prevedere che la sua armata può radere al suolo l’Ucraina, come ha fatto con la Cecenia, ma non farà morire l’idea della democrazia.

E in questo Putin perderà: lui ha forse i quattro assi delle armi, noi abbiamo la scala reale delle idee. Siamo noi i più forti.

A proposito di leggende, non perdere il formidabile webinar di Daniele Lavecchia e Luciano Lo Casto sulle strategie di Wyckoff, una vera leggenda del trading di tutti i tempi che non puoi non conoscere: clicca per iscriverti e vedi la registrazione.

P.S.: Molti ritengono che le democrazie abbiano deteriorato, nel tempo, i propri ideali, avallando di fatto l’eccessivo controllo del potere da parte di una classe dominante che ha compresso le libertà dei cittadini.

E gli esempi riportati a fronte di tale tesi sono spesso riferiti alle restrizioni conseguenti alla pandemia, quando non ad un piano più ampio, addirittura mondiale, di sottomissione dei popoli al volere di pochi.

Altrettanti lettori mi rammentano le guerre scatenate dagli Stati Uniti, quali il Vietnam, la Corea o l’Iraq (credo ne enumerino 23, quindi mi astengo dal riportarne l’elenco) o l’instaurazione di regimi, come quelli sudamericani negli anni settanta: quanto di più abbietto e controproducente per loro medesimi e per gli altri possano avere fatto gli Stati Uniti.

È tutto vero, possiamo discutere a lungo dove sta il torto e la ragione. È giusto pensare che ci siano diversi punti di vista.

Io dico che oggi ci sono i carrarmati russi, gli stessi che abbiamo visto a Budapest nel 1956 e a Praga nel 1969, che abbiamo rischiato a lungo di vedere a Varsavia e che ora hanno invaso l’Ucraina.

Non cito l’Afghanistan, perché ad invaderlo per primo sono stati i russi. Cito l’Europa.

Quell’Europa che deve quanto meno un debito di riconoscenza agli Stati Uniti, per essere stata liberata dalle dittature, nella seconda guerra mondiale, grazie al loro intervento e per avere consentito ad una buona metà di essa di poter essere nel mondo libero e non sotto il tallone sovietico.

E la dimostrazione di quanto sotto il tallone russo oggi e sovietico ieri sia scomodo stare, lo dimostra il fatto che appena hanno potuto gli stati dell’est hanno scelto la democrazia, l’Unione Europea e la Nato.

Sì, proprio le molli democrazie, la sgangherata Unione Europea e la Nato che ha bombardato Milosevic.

Putin sta combattendo una battaglia disperata per distruggere valori competitivi e vincenti rispetto al suo sistema di potere. Consapevole che quei valori sono destinati a distruggerlo, in modo pacifico, ma a distruggerlo e a distruggere quel sistema di potere, che lui ha creato.

Un sistema di potere che in decenni in un paese immenso ha creato un prodotto interno lordo che è minore di quello della Germania e meno del 9% di quello degli Stati Uniti: questo è ciò che sanno fare le dittature, il nulla.

Il livore di Putin è la rabbia di un sistema destinato alla sconfitta e all’implosione, come tale era la vecchia Unione Sovietica.

Forse non lo sa neanche lui, come diceva la mia amica americana giocatrice di poker, di cui ho parlato ieri: il più grande rischio del giocatore di poker professionista è di credere lui stesso ai bluff che pone in essere. È autodistruttivo.

Zelensky è destinato a passare alla storia perché sta portando una bandiera di ideali che sono i nostri ideali, le nostre idee comuni, idee che possono realmente compattare i popoli del mondo in una corale richiesta di moderazione e democrazia, isolando le dittature portatrici di un virus sistemico pericoloso per i destini del mondo.

Hai mai visto i partiti italiani tutti compatti, tutti tutti? Le piazze di mezzo mondo schierarsi con forza dalla sua parte? I 27 paesi dell’Unione Europea votare all’unisono?

Pensa che forza ha quel piccolo grande ucraino, che fino a sei mesi fa conoscevamo appena … è la leggenda, che veste la bandiera delle grandi idee. La democrazia è una grande idea, perfino se, come a Putin, può farti rabbia pensarlo.

È un grande webinar quello che ti propongo: una piccola ora per un grande evento, per parlare di Wyckoff, la leggenda che ha attraversato più di un secolo di storia del trading mondiale.

Clicca per iscriverti e vedi la registrazione.

Ora c’è www.segnalidiborsa.com , la tua WebinarTV 24 ore, 365 giorni l’anno. È gratis, c’è sempre, quando tu lo vuoi e ti informa con un canale telegram di ogni nostro webinar che viene annunciato o pubblicato.

Hai quattro webinar contemporanei costantemente in onda, puoi scegliere i webinar in archivio per argomento, o ascoltare i nostri interventi dove siamo ospiti di altri.

Iscriviti al canale, sarai sempre sintonizzato con noi:

è un portale dell’Istituto Svizzero della borsa

Maurizio Monti
Editore
Istituto Svizzero della Borsa