L’ipotesi del dopo-euforia

Pubblicato il: 26/12/23 10:25 PM

Curva di equity costante.

I mercati continuano ad ultra-performare, attendendo, ormai appare evidente, molto di più di quanto la FED vorrà realmente fare per diminuire i tassi di interesse.

L’economia nel 2023 ha evitato la recessione, il mercato azionario è sui massimi assoluti, dopo il clamoroso rimbalzo partito il 30 ottobre scorso.

Le previsioni di breve termine sono per prezzi dell’azionario ancora più alti, a fronte di una riduzione dei tassi attesa già nel mese di marzo, o nei primi 5 mesi del 2024.

Ovviamente, l’inflazione gioca un ruolo fondamentale nelle scelte della FED.

Sarebbe tutt’altro che improbabile, tuttavia, un rimbalzo dell’inflazione o un suo regime stazionario, ben sopra l’obiettivo del 2%, con una discesa, quindi, più lenta del previsto.

L’inflazione dei beni fisici ha una elevata correlazione con il Baltic Dry Index, l’indice che misura i costi dei trasporti e dei noli marittimi.

Malgrado in discesa dai massimi recenti, esso quota intorno a 2.100, e i minimi del 2023 hanno segnato 550.

Questo può essere considerato un leading indicator dell’inflazione, e, come tale, potrebbe preludere ad una fase di maggiore difficoltà di discesa dell’inflazione stessa.

L’inflazione dei servizi sembra avere una maggiore tendenza ribassista, ma se quella sui beni tenderà a non scendere, sarà molto probabile che essa seguirà lo stesso destino.

Inoltre, è possibile che vedremo un aumento delle materie prime nei primi mesi del 2024, e questo non faciliterà la discesa dell’inflazione.

Se lo scenario dovesse essere quello descritto sopra, la conseguenza sarà un ritardo nel taglio dei tassi da parte della FED: questo significa che quanto il mercato sta anticipando per il primo semestre potrebbe dare origine ad una forte delusione.

Il mercato sta scontando i tassi in calo al 4.6% entro giugno e 3.85% entro dicembre.

Se l’inflazione sarà stazionaria intorno al 3%, il taglio dei tassi sarà ritardato, allineandosi, peraltro, con quanto annunciato dalla FED: annunci che sono stati giudicati poco credibili da parte del mercato.

Se i tassi rimarranno elevati più a lungo, l’economia tenderà a rallentare rispetto ai massimi del 2023.

Un indicatore importante sarà il tasso di disoccupazione, e, come leading indicator, le richieste di sussidi, al momento in crescita.

Se la disoccupazione supererà il 4%, sarà un indizio importante di qualche maggiore preoccupazione da avere in merito all’atterraggio morbido.

Nelle ultime settimane, le borse hanno beneficiato di spread creditizi in diminuzione e quindi di attese di Price/Earnings più elevati,

Sempre nell’ipotesi non del tutto ottimista di cui abbiamo parlato sopra, se questa fosse confermata, gli utili non cresceranno nel 2024 come attualmente i mercati si aspettano: potrebbe anche verificarsi che le stime attuali siano su un picco destinato a scendere per tutto il 2024.

Supponendo una crescita di circa la metà nel 2024, rispetto al 2023, gli spread creditizi si inasprirebbero, portando a condizioni finanziarie più restrittive del previsto e a una diminuzione nelle stime dei Price/Earnings.

Per definire un target di discesa dell’S&P500, sarebbe necessario conoscere il picco massimo del 2024: cosa, al momento, piuttosto difficile da prevedere a causa della salita verticale, avvenuta senza onde significative di alternanza di impulso e ritracciamento.

Volendo assumere il valore di 5060 come termine dell’attuale onda rialzista e volendo anche assumere che questo sia il massimo del 2024, un ritorno dell’S&P500 sui valori di fine ottobre 2023 sarebbe un’ipotesi tutt’altro che improbabile.

Ma accumulare ipotesi sopra ipotesi, significa moltiplicare le possibilità di errore.

Peraltro, lo scenario descritto corrisponderebbe all’esito normale di un evidente eccesso di euforia passeggero, destinato probabilmente a durare fino ai primi mesi del 2024, finché il mercato continuerà a non credere alla FED.

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Maurizio Monti

Editore

Istituto Svizzero della Borsa