Una nuova guerra? Non se ma quando

Pubblicato il: 5/04/24 9:49 PM

Settimana di transito in arrivo.

Nella giornata di venerdì 5 aprile, il non-farm payroll pubblicato ha mostrato ancora una condizione brillante del mondo del lavoro e dell’economia statunitense, con oltre 300.000 posti di lavoro nuovi creati, contro una aspettativa di 212.000.

Il tasso di disoccupazione è sceso al 3.8%, anch’esso migliore delle attese.

Discordi, come ormai da molti mesi, i commenti degli analisti: c’è chi parla di doccia fredda sulle aspettative di ribasso dei tassi (in linea con quanto sostenuto con l’incredibile commento, fuori dalle righe, del Governatore della FED di Minneapolis, che è riuscito in perfetto stile simil-Lagarde a far crollare l’S&P500 giovedì 4 aprile).

C’è invece chi punta l’accento sulla visione dell’atterraggio morbido, del mondo fatato dove l’inflazione scende e non c’è recessione.

Di sicuro le aspettative di ribasso dei tassi si sono ridimensionate, ma il mercato non riesce ancora a digerire l’idea che possano essere meno di tre nel 2024.

Il problema, tutt’altro che irrilevante, che tocca anche di più l’Europa, ma coinvolge il mondo intero, è l’intensificazione dei conflitti bellici e la probabilità crescente di una nuova guerra.

Nella classifica delle probabilità, un conflitto a Taiwan è andato in secondo piano o quanto meno sembra differito rispetto al rischio imminente di un conflitto fra l’Iran e Israele, se non fra l’Iran e gli Stati Uniti.

Il prezzo del petrolio sta, di fatto, già anticipando tale eventualità, anche se in concomitanza con la fase stagionale positiva che ha visto il petrolio sempre in crescita negli ultimi 10 anni nel periodo 18 marzo-18 maggio.

L’impossibilità di navigazione nel Golfo Persico a seguito di un conflitto di questo tipo aggiungerebbe colossali tensioni all’economia mondiale e darebbe prospettive molto negative sul possibile impatto inflazionistico.

Quest’ultimo costringerebbe i mercati a rivedere le aspettative di riduzione dei tassi: cosa che potrebbe avere un impatto sugli indici azionari, prima su quelli europei e poi, in ipotesi, su quelli americani.

La tenuta sostanziale del mercato azionario americano cavalca l’onda dell’atterraggio morbido con utili delle aziende ancora in crescita. Sarà cruciale proprio questo aspetto per le borse, forse più ancora che gli stessi tassi di interesse.

Di fatto, stiamo assistendo alla fase storica dell’ondata inflazionistica dopo anni di iniezioni di liquidità. Questo sembra avere fatto saltare molti dei parametri a cui siamo abituati a pensare e con cui ragioniamo riferendoci al passato.

La nuova guerra ci sarà, anche se non sappiamo quando. Non è più un problema di se, ma di quando.

L’impatto sull’Europa azionaria potrebbe essere molto forte, perché aggraverà i problemi energetici strutturali del continente, sui quali è stato fatto ben poco per rimediare.

E l’azionario degli Stati Uniti? Difficile dirlo, ma una prospettiva di continuazione rialzista di breve termine è comunque molto probabile.

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P.S.: Nella settimana entrante potrebbe esserci la ripresa del rialzo o, piuttosto, la continuazione della fase di ritracciamento innescata all’inizio della settimana appena trascorsa.

Sul mercato delle opzioni sembra esserci una pausa della pressione rialzista proprio nei primi giorni della settimana entrante: ma, ovviamente, i riposizionamenti possono essere molto rapidi e le prospettive cambiare nel giro di poco tempo.

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Maurizio Monti

Editore

Istituto Svizzero della Borsa